Archivio tag: Reggio Approach

Creativity is OVER?

L’epoca digitale ha ucciso la creatività? Per molti mesi ed anni del mio lavoro ho sentito questo vuoto incredibile: il mouse e le tavoletta grafica avevano sostituito le matite e i colori, con il loro odore e le loro impugnature dolorose. Io che avevo scelto di studiare architettura perchè passavo i pomeriggi a schizzare con la matita qualsiasi cosa e che ho disegnato moltissimo a mano durante i miei studi: si viveva ancora una situazione transitoria.

Per diverso tempo ho pensato che la grande colpevole fosse la Suite Adobe, invece mi sbagliavo, alla grande… Il vero colpevole è: il processo creativo finalizzato all’imitazione di un servizio omologato, ero caduta addormentata in una trappola e sono stati i bambini a svegliarmi, un altro apporto di grande valore sulla mia esperienza nel mondo infanzia.

Quando ci viene fornito un modello, sappiamo che dobbiamo arrivare a quel punto, può essere un esercizio utilissimo, tantissime discipline sono basate sul raggiungimento di un obiettivo configurato, ma la creatività? SI SPEGNE!

Quando si viene lasciati liberi di crearsi una propria tipologia, una nostra strada, è allora che si aziona un processo straordinario nella nostra mente, che va aldilà di qualsiasi strumento. I bambini hanno questo approccio spontaneo a molte le cose, perchè non sono saturi di immagini precostituite, come invece accade a noi adulti. La sfida vera è mantenere questo sguardo infantile verso il mondo e non finire nella gabbia dell’omologazione, in poche parole:

@dimmidicasa project

@dimmidicasa project

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Chi è l’ ATELIERISTA

E’ una figura professionale diffusa dalle scuole reggiane fino a sistemi educativi internazionali: io lo definisco il designer d’infanzia per eccellenza.  E’ il progettista dell’atelier: predispone gli ambienti, i processi creativi ed i linguaggi espressivi necessari ad una conoscenza della realtà attiva, grazie a provate nozioni su materiali e tecniche, motivo per cui si tratta di un professionista di ambito artistico, che collabora con l’insegnante mettendo a disposizione il suo sapere, la sua sensibilità ed il suo background.

Nasce negli anni ’60, per merito del pedagogista padre del Reggio Approach, Loris Malaguzzi, come presenza operativa di supporto alla visione del bambino competente, cioè capace di ‘fare’, di apprendere tramite un vero e proprio lavoro, non solo di ascolto, un essere umano capace di esprimersi in tutti i suoi ’99 linguaggi’.

E’ interessante osservare che contestualmente un’altra parte d’Italia vede Bruno Munari sviluppare una grande ricerca sui processi creativi nelle scuole per mettere in luce i linguaggi e le potenzialità del bambino, incentivare il pensiero lungo, creativo, impegnato e divergente.

Che si possa parlare anche qui di creatività italiana?

artwork of my child, unconsciously case of study for my atelier

artwork of my child, unconsciously case of study for my atelier

 

 

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Sculture di carta

La paperart è sempre stata per me una delle forme più classiche di atelier, ma allo stesso tempo una delle più creative. Sempre con sguardo curioso in questo senso ho catturato in questo ambito due creazioni inconsuete con lo stesso filo conduttore: la prima ha origine da un atelier per l’infanzia in ambito Reggio Approach: il mare di barche colorate in mostra presso il centro Loris Malaguzzi.

esposizione di atelier Centro Loris Malaguzzi

esposizione di atelier Centro Loris Malaguzzi

Poi una serie di sculture dalla bellezza impressionante, di Marianne Eriksen Scott Hansen, in mostra presso Mincraft 2017 a Milano, artista proveniente dal mondo della moda, che ha trovato nella carta un mondo di colori e di malleabilità di gran lunga più elaborabile di qualsiasi atro materiale. In entrambi i casi il riusltato è sorprendente, e mutevole nel tempo… infatti queste opere mi ricordano le bellezze floreali, sarà la loro stessa fibra vegetale o la fragilità del materiale oppure la varietà dei colori, ma trasmettono lo stesso fascino!

MARIANNEsculpture

Mindcraft 2017 – scultura di Marianne Eriksen Scott Hansen

 

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SCUOLE PICCOLE, PICCOLE SCUOLE

In molti si sono chiesti che senso avesse iniziare il piano nazionale ‘Scuola Innovativa’ interpellando gli architetti e i progettisti. Senza dilungarmi troppo: come la scuola viene pensata, progettata, distribuita e posizionata influenza in modalità radicale il lavoro degli insegnanti e il benessere dei bambini che la vivranno, i loro spostamenti, le relazioni interne e con il mondo esterno… Loris Malaguzzi, padre del Reggio Approach definisce lo spazio il ‘terzo insegnante’ ed una vera ristrutturazione del sistema scolastico deve partire da questo aspetto. Fine della premessa.

Dal mio punto di vista, alla base di tutto c’è la dimensione della struttura: la scuola deve essere piccola, intesa come scuola di quartiere e deve fare parte del famoso piano di “welfare locale”: 200 studenti, 250 al massimo.

La prima motivazione è per il tessuto urbanistico: chiunque dovrebbe poter raggiungere la propria scuola a piedi, non intasando le arterie di traffico principali in orari di punta, favorendo così l’autonomia di movimento e l’appropriazione dei percorsi cittadini da parte di bambini e ragazzi.

Poi c’è la motivazione educativa, la più importante: chi frequenta e vive la scuola ha bisogno di essere un individuo, un nome e non un numero. La scuola è anzitutto spazio di relazione e l’apprendimento è un processo di relazione, per questa ragione è importantissimo che ci sia un volto ed una persona dietro ad ogni ruolo: chi riordina, chi cucina, chi pota le piante in giardino… questo porta un’osservazione ed una forma di rispetto per tutte le mansioni che ruotano attorno alla struttura. Perché una dimensione è trovare un pasto pronto, un’altra è vedere la ‘Raffaella’ che prepara la verdura, che anche se non mi piace tanto, uno sforzettino posso farlo per lei, così come trovare la classe pulita è piacevole, ma se non conosco chi si occupa dell’ ordine, forse non sarò così dispiaciuta nel temperare una matita a terra…

Gli spazi interni: il numero limitato è una garanzia per la distribuzione interna degli spazi. Vanno automaticamente a scomparire i “non luoghi” come i lunghi corridoi, e gli spazi distributivi in genere. Diventa più naturale l’integrazione delle aule con gli atrii e le piazze, i laboratori, i giardini ed i cavedi. Inoltre, le classi non numerose consentono una disposizione degli arredi più dinamica per una didattica non frontale, ma a piccoli gruppi e laboratoriale.

Saunalahti school in Espoo, Finland Photo by Andreas Meichsner for Verstas architects

Saunalahti school in Espoo, Finland
Photo by Andreas Meichsner for Verstas architects

Infine le relazioni esterne: la scuola di quartiere apporta la possibilità di cucire relazioni tra bambini che abitano nella stessa zona, questo può favorire l’autonomia degli spostamenti in età adolescenziale e un’integrazione con altri spazi urbani come parchi, palestre, ludoteche, teatri, biblioteche etc..

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Letture creative

“Il modo migliore per imparare a disegnare è….DISEGNARE!” non potevano scegliere un motto migliore alla Logosedizioni per presentare i loro quaderni sul disegno, davvero molto divertenti, per ogni livello ed ogni età… Non ci sono lectio magistralis, passi da seguire, consigli, ma tanti bellissimi e semplicissimi modelli: pennino nero su foglio bianco. Così nessuno fornisce un esempio, ma la maestria dei grafici scelti, tra cui Eloise Renouf e Julia Kuo, lasciano intendere alcuni modi di interpretare la realtà , così da invitare il lettore/disegnatore a crearne altri…

letture

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